Licenziamento in tronco se si attesta la falsa presenza in servizio, ci si assenta senza giustificazione, si rifiuta, senza valido motivo, un trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio. E si rischia, addirittura, il carcere (fino a 5 anni), più un’ammenda da 400 a 1.600 euro oltre al risarcimento dei danni patrimoniali, se si giustifica l’assenza dal lavoro con una certificazione medica falsa. In questo caso, prevede lo schema di decreto attuativo della riforma Brunetta della pubblica amministrazione, sbarcato in Parlamento, paga, anche, il medico “compiacente”, con la radiazione dall’albo. Giro di vite, poi, pure sulle assenze “sospette”: se la malattia si protrae per più di 10 giorni e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare, la giustificazione deve avvenire esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Ssn. Confermata, anche, la possibilità dell’amministrazione di effettuare controlli in caso di assenza di un solo giorno. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore sono: dalle ore 8 alle 13 e dalle ore 14 alle 20, tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.
Previsto, anche, un riordino dell’Aran e dei contratti collettivi, con la possibilità di derogare al rigido meccanismo della ripartizione in 3 fasce di merito per tutto il personale. La regola continua a riservare il trattamento accessorio in misura intera al 25% del personale, prevede un incentivo dimezzato per un altro 50% e relega nella fascia più bassa, priva di trattamento accessorio, l’ultimo 25 per cento. I contratti collettivi integrativi, però, potranno modificare la griglia.
Arrivano, poi, le pagelle, come a scuola, per dipendenti e singole strutture: alla “bocciatura” corrisponderanno meno soldi in busta paga e alla “promozione”, scatti di carriera e incentivi economici. Stop, quindi, alla distribuzione “a pioggia” di benefici agli impiegati pubblici. Merito e risultati sono le parole chiave per aprire il salvadanaio ed entro 90 giorni dall'approvazione vedremo, anche, il cartellino al collo degli impiegati a contatto col pubblico. Nuovi poteri, poi, ai dirigenti, sempre più equiparati a veri e propri datori di lavoro privati. In arrivo più competenze sia nei processi di gestione e di valutazione del personale sia nelle procedure di mobilità. Ma al tempo stesso avranno, anche, più responsabilità: in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, oltre ai guai disciplinari, anche l’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale, fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla revoca dell’incarico e al licenziamento.
Entra, poi, il dottorato di ricerca come titolo per l’accesso alla carriera dirigenziale e, una volta superato il concorso, diventa obbligatorio l’espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell’Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale. Ma ecco, in ordine alfabetico, voce per voce, il contenuto dei 72 articoli sull’ottimizzazione del lavoro alle dipendenze dello Stato e sull’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Accesso alla dirigenza (articoli 42, 43, 45 e 46). Fissate nuove procedure per l’accesso alla dirigenza. In particolare, i dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti per un periodo pari almeno a 5 anni, senza essere incorsi in ipotesi di responsabilità dirigenziale. Possono, inoltre, essere, a richiesta, collocati in aspettativa, salvo diniego dell’amministrazione di appartenenza per preminenti esigenze organizzative. Serve il dottorato di ricerca per accedere alla seconda fascia di dirigenza. Per l’accesso, invece, alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, anche a ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici si precisa che avviene per concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, previo parere della scuola superiore della Pubblica amministrazione, per il 50% dei posti calcolati con riferimento a quelli che si rendono disponibili ogni anno per la cessazione dal servizio dei soggetti incaricati. Al concorso possono essere ammessi i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, che abbiano maturato almeno 5 anni di servizio nei ruoli dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e professionali individuati nei bandi di concorso, con riferimento alle specifiche esigenze dell’amministrazione. I vincitori del concorso, anteriormente al conferimento dell’incarico dirigenziale generale, sono tenuti all’espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell’Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale.
Aran (articoli 54 e 56). CONTINUA ...»